Cani, espletamento dei bisogni e vita in società.
Quali rimedi offre il sistema giuridico contro il malcostume di chi lascia che i cani espletino i bisogni fisiologici, imbrattando le parti condominiali?
Avv. Valentina
Papanice
www.lavorincasa.it
Passione per i cani e proprietà di immobili
Nel raffronto tra i due contrapposti interessi,
quello all'espletamento dei bisogni dei cani d'affezione e quello
dei proprietari dei beni imbrattati, entrambi meritano attenzione e
vanno coltivati nel rispetto reciproco.
Nella specie, ci occuperemo degli aspetti giuridici della questione
quando si verifica all'interno del
condominio.
In particolare, ci riferiamo ai casi in cui le parti condominiali
sono chiuse al pubblico e dunque sono utilizzabili
solo dai condòmini.
Norme e pulizia delle parti comuni
Va da sè che l'utilizzo delle parti comuni , prima ancora che
nel rispetto dell'altrui
utilizzo, deve avvenire nel rispetto della
legge.
Se ciò non accade, cosa è possibile fare?
Innanzitutto andiamo a leggerci cosa prevede il regolamento
comunale, anche se spesso la materia è regolamentata con
riferimento alle aree pubbliche o ad uso pubblico.
Il codice della strada, inoltre, vieta e sanziona
l'imbrattamento della strada e delle sue pertinenze (v.
art.15, co.1,
lett.f), e co.3 e 4,
D.Lgs. n. 285/1992).
Ma le norme del codice della strada valgono appunto per le parti
pubbliche o aperte al pubblico; l'applicazione
alle aree private è tendenzialmente esclusa dalla
giurisprudenza nei casi di aree chiuse al
pubblico, come quello che trattiamo; anche se alle volte dette
norme vengono considerate dai giudici anche per le aree private, ma
alla stregua di criteri di prudenza al fine di valutare i
comportamenti esaminati.
Parti comuni e poteri dell'amministratore
Andando in ordine di intensità dell'azione, possiamo pensare a
un'iniziale richiesta verbale, se crediamo che la
cosa possa sortire qualche effetto, oppure direttamente scritta; la
comunicazione potrà anche essere affissa sulla
bacheca condominiale, nel rispetto delle norme
sulla privacy.
La richiesta può essere effettuata direttamente dal
singolo condomino, ma anche
dall'amministratore, trattandosi di parti
comuni.
Questi è infatti tenuto, per quanto qui interessa, a
eseguire le deliberazioni dell'assemblea dei
condomini, curare l'osservanza del
regolamento di condominio e
disciplinare l'uso delle cose comuni
e la fruizione dei servizi nell'interesse comune, in modo che ne
sia assicurato il miglior godimento a ciascuno dei condomini
(art. 1130, co.1,
n.1 e n.2 c.c.).
In caso di violazioni del regolamento condominiale, egli può anche
comminare (ove stabilito) delle sanzioni ai sensi
dell'art. 70, disp.att. c.c.
Infine, nell'esecuzione delle dette competenze, può ricorrere
all'azione giudiziaria.
Reato di imbrattamento di cose altrui
Se l'incivile non si arrende, si potrà fare ricorso alla
fattispecie più grave, quella prevista dal codice penale, valevole
in ogni dove e cioè al reato di imbrattamento
di cose altrui.
Detto reato è previsto dall'art. 639 c.p.
(intitolato Deturpamento e imbrattamento di cose altrui,
che recita testualmente: Chiunque, fuori dei casi preveduti
dall'articolo 635, deturpa o imbratta cose mobili altrui è punito,
a querela della persona offesa, con la multa fino a 103
euro.
Se il fatto è commesso su beni immobili o su mezzi di trasporto
pubblici o privati, si applica la pena della reclusione da uno a
sei mesi o della multa da 300 a 1.000 euro.
Se il fatto è commesso su cose di interesse storico o
artistico, si applica la pena della reclusione da tre mesi a un
anno e della multa da 1.000 a 3.000 euro.
Nei casi di recidiva per le ipotesi di cui al secondo comma si
applica la pena della reclusione da tre mesi a due anni e della
multa fino a 10.000 euro.
Nei casi previsti dal secondo comma si procede
d'ufficio.
L'art. 635 c.p. riguarda il reato più grave di
danneggiamento, che compie chi distrugge, disperde, deteriora o
rende, in tutto o in parte, inservibili cose mobili o immobili
(v. art. 635 c.p.).
Reato di imbrattamento e escrementi dei cani
In materia proprio di recente si è espressa la Corte di
Cassazione con la sentenza n. 7082 del
2015.
In tale sentenza, per quanto ci interessa, la Corte
ha stabilito che il comportamento di cui parliamo
rientra nella fattispecie di imbrattamento,
definito come un' azione che consiste
nell'insudiciamento, prodotto con
qualsiasi mezzo ed in qualsiasi modo idoneo, della cosa altrui -
essendo irrilevante che l'alterazione sia temporanea o superficiale
e che la res possa essere facilmente reintegrabile nel suo aspetto
originario anche con modesta spesa (Cass. Sez. 2, sent. n. 5828 del
24/10/2012, dep. 06/02/2013, Rv. 255241; Sez. 2, sent. n. 28793 del
16/06/2005, dep. 29/07/2005,Rv. 232006).
Tecnicamente, si direbbe che gli elementi oggettivi della
fattispecie sussistono.
Ciò che va verificato è se esiste il dolo, cioè l'elemento
soggettivo.
Se cioè tale comportamento possa essere addebitato a
dolo, oppure a colpa.
Nel secondo caso non avremmo il reato di deturpamento e
imbrattamento, perché se la legge non specifica, i
delitti sono punibili solo per dolo (i reati
si distinguono anche in delitti e contravvenzioni; il
reato ex art. 639 c.p. è un
delitto).
La volontà va verificata caso per
caso.
Allora, nella sentenza in esame la Corte ha escluso l'illecito
sostanzialmente perché il proprietario, pur colpevole di malgoverno
dell'animale, si era però subito affrettato a versare dell'acqua
dalla bottiglietta che aveva con sè.
La Corte compie un excursus giuridico sui confini tra dolo
e colpa, su cui sorvoliamo, limitandoci a riportare la conclusione
in merito al fatto concreto.
La Corte dunque afferma: la possibilità che un cane condotto
sulla pubblica via possa quindi imbrattare beni di proprietà di
terzi è frutto di un rischio certamente prevedibile ma non
altrimenti evitabile, non essendo ipotizzabile che l'animale sia
costretto ad espletare i propri bisogni fisiologici all'interno di
luoghi di privata dimora (o comunque di ambienti chiusi) privi di
pertinenze esterne (cortili, giardini, ecc.).
Ciò che si può quindi richiedere a chi è necessitato a condurre
un cane sulla pubblica via per tali incombenze è solo un
corretto governo di tale (inevitabile)
rischio, governo realizzabile, ad esempio,
attraverso la possibilità di una attenta
vigilanza sui comportamenti dell'animale,
attraverso la possibilità di limitarne la totale libertà di
movimento (se del caso tenendolo legato con un guinzaglio) o
comunque intervenendo con atteggiamenti tali da farlo desistere -
quantomeno nell'immediatezza – dall'azione.
Il fatto che si verifichi un azione come quella oggetto
dell'imputazione che in questa sede ci occupa, in assenza di
elementi che denotino una volontà di segno contrario, può quindi
essere qualificato come attività di
malgoverno del rischio stesso dipendente da
disattenzione, sciatteria o più semplicemente da imperizia nella
conduzione dell'animale, situazioni comunque riconducibili alla
sfera della colpa ma non certo del dolo (neppure nella forma del
dolo eventuale).
Un ulteriore elemento appare poi meritevole di essere
evidenziato in quanto sottolineato pure dalla parte ricorrente a
sostegno della propria tesi finalizzata all'affermazione della
sussistenza dell'elemento soggettivo del dolo eventuale in capo
all'imputato N.: il fatto che questi avesse con sè una bottiglietta
d'acqua che versò sul muro dello stabile
al fine di ripulire nell'immediatezza la
parte di esso lordata con l'urina del cane.
fonte: https://www.lavorincasa.it/cani-bisogni-fisiologici-e-parti-condominiali/