RdG Amministrazioni
Cani, espletamento dei bisogni e vita in società
http://www.rdgamministrazioni.it/cani-espletamento-dei-bisogni-e-vita-in-societ.html

© 2017 RdG Amministrazioni

 

Associazione Nazional-europea AMMinistratori d'Immobili

n. iscr. T558

 

 

 

 

Professione esercitata ai sensi della Legge 14 gennaio 2013 n. 4
(G.U. n. 22 del 26/1/2013)

Cani, espletamento dei bisogni e vita in società.

Quali rimedi offre il sistema giuridico contro il malcostume di chi lascia che i cani espletino i bisogni fisiologici, imbrattando le parti condominiali?

Avv. Valentina Papanice
www.lavorincasa.it

Passione per i cani e proprietà di immobili

Nel raffronto tra i due contrapposti interessi, quello all'espletamento dei bisogni dei cani d'affezione e quello dei proprietari dei beni imbrattati, entrambi meritano attenzione e vanno coltivati nel rispetto reciproco.
Nella specie, ci occuperemo degli aspetti giuridici della questione quando si verifica all'interno del condominio.
In particolare, ci riferiamo ai casi in cui le parti condominiali sono chiuse al pubblico e dunque sono utilizzabili solo dai condòmini.

Norme e pulizia delle parti comuni

Va da sè che l'utilizzo delle parti comuni , prima ancora che nel rispetto dell'altrui utilizzo, deve avvenire nel rispetto della legge.

Se ciò non accade, cosa è possibile fare?

Innanzitutto andiamo a leggerci cosa prevede il regolamento comunale, anche se spesso la materia è regolamentata con riferimento alle aree pubbliche o ad uso pubblico.

Il codice della strada, inoltre, vieta e sanziona l'imbrattamento della strada e delle sue pertinenze (v. art.15, co.1, lett.f), e co.3 e 4, D.Lgs. n. 285/1992).

Ma le norme del codice della strada valgono appunto per le parti pubbliche o aperte al pubblico; l'applicazione alle aree private è tendenzialmente esclusa dalla giurisprudenza nei casi di aree chiuse al pubblico, come quello che trattiamo; anche se alle volte dette norme vengono considerate dai giudici anche per le aree private, ma alla stregua di criteri di prudenza al fine di valutare i comportamenti esaminati.

Parti comuni e poteri dell'amministratore

Andando in ordine di intensità dell'azione, possiamo pensare a un'iniziale richiesta verbale, se crediamo che la cosa possa sortire qualche effetto, oppure direttamente scritta; la comunicazione potrà anche essere affissa sulla bacheca condominiale, nel rispetto delle norme sulla privacy.

La richiesta può essere effettuata direttamente dal singolo condomino, ma anche dall'amministratore, trattandosi di parti comuni.

Questi è infatti tenuto, per quanto qui interessa, a eseguire le deliberazioni dell'assemblea dei condomini, curare l'osservanza del regolamento di condominio e disciplinare l'uso delle cose comuni e la fruizione dei servizi nell'interesse comune, in modo che ne sia assicurato il miglior godimento a ciascuno dei condomini (art. 1130, co.1, n.1 e n.2 c.c.).

In caso di violazioni del regolamento condominiale, egli può anche comminare (ove stabilito) delle sanzioni ai sensi dell'art. 70, disp.att. c.c.

Infine, nell'esecuzione delle dette competenze, può ricorrere all'azione giudiziaria.

Reato di imbrattamento di cose altrui

Se l'incivile non si arrende, si potrà fare ricorso alla fattispecie più grave, quella prevista dal codice penale, valevole in ogni dove e cioè al reato di imbrattamento di cose altrui.
Detto reato è previsto dall'art. 639 c.p. (intitolato Deturpamento e imbrattamento di cose altrui, che recita testualmente: Chiunque, fuori dei casi preveduti dall'articolo 635, deturpa o imbratta cose mobili altrui è punito, a querela della persona offesa, con la multa fino a 103 euro.

Se il fatto è commesso su beni immobili o su mezzi di trasporto pubblici o privati, si applica la pena della reclusione da uno a sei mesi o della multa da 300 a 1.000 euro.

Se il fatto è commesso su cose di interesse storico o artistico, si applica la pena della reclusione da tre mesi a un anno e della multa da 1.000 a 3.000 euro.

Nei casi di recidiva per le ipotesi di cui al secondo comma si applica la pena della reclusione da tre mesi a due anni e della multa fino a 10.000 euro.

Nei casi previsti dal secondo comma si procede d'ufficio.

L'art. 635 c.p. riguarda il reato più grave di danneggiamento, che compie chi distrugge, disperde, deteriora o rende, in tutto o in parte, inservibili cose mobili o immobili (v. art. 635 c.p.).

Reato di imbrattamento e escrementi dei cani

In materia proprio di recente si è espressa la Corte di Cassazione con la sentenza n. 7082 del 2015.

In tale sentenza, per quanto ci interessa, la Corte ha stabilito che il comportamento di cui parliamo rientra nella fattispecie di imbrattamento, definito come un' azione che consiste nell'insudiciamento, prodotto con qualsiasi mezzo ed in qualsiasi modo idoneo, della cosa altrui - essendo irrilevante che l'alterazione sia temporanea o superficiale e che la res possa essere facilmente reintegrabile nel suo aspetto originario anche con modesta spesa (Cass. Sez. 2, sent. n. 5828 del 24/10/2012, dep. 06/02/2013, Rv. 255241; Sez. 2, sent. n. 28793 del 16/06/2005, dep. 29/07/2005,Rv. 232006).

Tecnicamente, si direbbe che gli elementi oggettivi della fattispecie sussistono.

Ciò che va verificato è se esiste il dolo, cioè l'elemento soggettivo.

Se cioè tale comportamento possa essere addebitato a dolo, oppure a colpa.

Nel secondo caso non avremmo il reato di deturpamento e imbrattamento, perché se la legge non specifica, i delitti sono punibili solo per dolo (i reati si distinguono anche in delitti e contravvenzioni; il reato ex art. 639 c.p. è un delitto).

La volontà va verificata caso per caso.

Allora, nella sentenza in esame la Corte ha escluso l'illecito sostanzialmente perché il proprietario, pur colpevole di malgoverno dell'animale, si era però subito affrettato a versare dell'acqua dalla bottiglietta che aveva con sè.

La Corte compie un excursus giuridico sui confini tra dolo e colpa, su cui sorvoliamo, limitandoci a riportare la conclusione in merito al fatto concreto.

La Corte dunque afferma: la possibilità che un cane condotto sulla pubblica via possa quindi imbrattare beni di proprietà di terzi è frutto di un rischio certamente prevedibile ma non altrimenti evitabile, non essendo ipotizzabile che l'animale sia costretto ad espletare i propri bisogni fisiologici all'interno di luoghi di privata dimora (o comunque di ambienti chiusi) privi di pertinenze esterne (cortili, giardini, ecc.).

Ciò che si può quindi richiedere a chi è necessitato a condurre un cane sulla pubblica via per tali incombenze è solo un corretto governo di tale (inevitabile) rischio, governo realizzabile, ad esempio, attraverso la possibilità di una attenta vigilanza sui comportamenti dell'animale, attraverso la possibilità di limitarne la totale libertà di movimento (se del caso tenendolo legato con un guinzaglio) o comunque intervenendo con atteggiamenti tali da farlo desistere - quantomeno nell'immediatezza – dall'azione.

Il fatto che si verifichi un azione come quella oggetto dell'imputazione che in questa sede ci occupa, in assenza di elementi che denotino una volontà di segno contrario, può quindi essere qualificato come attività di malgoverno del rischio stesso dipendente da disattenzione, sciatteria o più semplicemente da imperizia nella conduzione dell'animale, situazioni comunque riconducibili alla sfera della colpa ma non certo del dolo (neppure nella forma del dolo eventuale).

Un ulteriore elemento appare poi meritevole di essere evidenziato in quanto sottolineato pure dalla parte ricorrente a sostegno della propria tesi finalizzata all'affermazione della sussistenza dell'elemento soggettivo del dolo eventuale in capo all'imputato N.: il fatto che questi avesse con sè una bottiglietta d'acqua che versò sul muro dello stabile al fine di ripulire nell'immediatezza la parte di esso lordata con l'urina del cane.

fonte: https://www.lavorincasa.it/cani-bisogni-fisiologici-e-parti-condominiali/